Scorrendo quanto viene pubblicato su questo blog, non posso fare a meno di immaginare cosa ne penserebbe lo stesso Tonino Ebreo. Sicuramente dimostrerebbe imbarazzo per le belle parole che gli vengono rivolte da amici, studenti o da chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e stimarlo. Allo stesso modo – ne sono profondamente convinto – non solo si schermirebbe per le tante e belle parole, mostrandosi candidamente sorpreso ma le commenterebbe con una delle sue solite espressioni gestuali, piene di ironia e sarcasmo. Chiederebbe del perché di tale idea, chiederebbe del suo autore ed esprimerebbe implacabilmente la sua opinione: se tale idea è una buona idea , oppure già superata, e soprattutto darebbe suggerimenti su cosa fare per migliorarla. E con l’espressività di uno dei suoi soliti gesti, - siatene certi - direbbe certamente l’ultima e definitiva parola sull’argomento.
Nei confronti delle persone care che ci lasciano (quest’anno purtroppo è stato un anno sciagurato e, come dicevamo i nostri nonni, veramente “bisestile”) chi ha fede riesce a darsene una spiegazione: la religione in questo senso dovrebbe aiutare a morire bene. Talvolta capita però che stendiamo un mantello sulla realtà, incapaci come siamo di comprenderne irrazionalità e casualità. Ma per chi non crede la partita - diciamo così con il lato misterioso della vita - si fa molto complicato e difficile. Perché il buon ricordo resta legato esclusivamente a quanto “ bene” uno è riuscito a fare nella vita. Qualunque sia il punto di vista che vogliamo adottare, a Tonino saranno andati entrambi i premi (se fossero due ) ma uno dei due certamente: quello che gli viene riconosciuto da tutti noi per la sua mitezza e generosità, bontà e stile di vita. E se vogliamo avere un ricordo fecondo di Tonino, non possiamo limitarci ad accennare in modo acritico alla sua “nuscanità” (in verità, non so più cosa significa tale parola). Si corre il rischio di non far emergere “un cuore ed una mente”che andavano ben oltre i confini del “borgo natio”. Tonino amava profondamente i nuscani perché era andato oltre. Quante volte ripeteva che Nusco era bella e amava questo nostro paese, ma aveva sempre pronto un rimprovero quanto doveva parlare della passività e dell’attaccamento ai piccoli tornaconti. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e frequentarlo sa del suo spiccato e intelligente spirito di progresso – spesso in anticipo sui tempi – che animava la sua esistenza: pubblica e privata. Aveva affermato l’idea (oggi inattuale) della rinuncia al denaro come valore assoluto: da giovane era andato a Milano ed aveva rinunciato ad una brillante carriera di ricercatore per ritornare a Nusco, aveva successivamente rinunciato all’idea tutta commerciale della gestione della farmacia paterna, aveva scelto infine di insegnare ai giovani diventando divulgatore di scienza di altissima qualità. Antesignano di idee scientifiche e culturali. Un vita semplice, coerente e piena di affetti e valori. Negli ultimi mesi mi è capitato di incontrarlo due volte e scambiare con lui qualche indimenticabile parola. Quest’estate sono salito a casa sua perché doveva farmi dono di un vecchio filmato in cui mio padre, in compagnia di Tonino Della Vecchia e Mario Chieffo, veniva intervistato collettivamente. E allora gli parlai di questa mia vecchia idea di costituire una associazione culturale finalizzata ai viaggi e all’arte, dal cinema alla fotografia, dal teatro all’editoria. Attento ed incuriosito, mi incoraggio a fare e mi promise la sua iscrizione. La seconda volta, invece, l’ho rivisto a metà settembre. Ero salito a Nusco per far conoscere ad un artista il nostro paese. In piazza incontrammo Tonino e colsi l’occasione per presentargli il maestro Felice Nittolo e della sua idea di una grande mostra avendo Nusco come spazio e scena, un allestimento collegato e trasmesso da Tokio a New York. Nel salutarci mi rispose ironicamente: - E’ una bella e grande idea, chissà se la vedremo realizzata. C’era amarezza nella sua risposta: ma come sempre rivelava “una tristezza privata e una speranza pubblica”. Nusco per Tonino non era un luogo geografico, ma soprattutto un luogo metafisico, un luogo dell’anima che dura prima e dopo l’esistenza. Ecco perché Tonino è ancora a Nusco e per sempre resterà a Nusco, nel suo spazio senza tempo. Chissà perché in questi giorni mi è ritornata in mente con insistenza una frase di Cesare Pavese: Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. Ma non è facile starci tranquillo…
Gianni Marino
Nei confronti delle persone care che ci lasciano (quest’anno purtroppo è stato un anno sciagurato e, come dicevamo i nostri nonni, veramente “bisestile”) chi ha fede riesce a darsene una spiegazione: la religione in questo senso dovrebbe aiutare a morire bene. Talvolta capita però che stendiamo un mantello sulla realtà, incapaci come siamo di comprenderne irrazionalità e casualità. Ma per chi non crede la partita - diciamo così con il lato misterioso della vita - si fa molto complicato e difficile. Perché il buon ricordo resta legato esclusivamente a quanto “ bene” uno è riuscito a fare nella vita. Qualunque sia il punto di vista che vogliamo adottare, a Tonino saranno andati entrambi i premi (se fossero due ) ma uno dei due certamente: quello che gli viene riconosciuto da tutti noi per la sua mitezza e generosità, bontà e stile di vita. E se vogliamo avere un ricordo fecondo di Tonino, non possiamo limitarci ad accennare in modo acritico alla sua “nuscanità” (in verità, non so più cosa significa tale parola). Si corre il rischio di non far emergere “un cuore ed una mente”che andavano ben oltre i confini del “borgo natio”. Tonino amava profondamente i nuscani perché era andato oltre. Quante volte ripeteva che Nusco era bella e amava questo nostro paese, ma aveva sempre pronto un rimprovero quanto doveva parlare della passività e dell’attaccamento ai piccoli tornaconti. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo e frequentarlo sa del suo spiccato e intelligente spirito di progresso – spesso in anticipo sui tempi – che animava la sua esistenza: pubblica e privata. Aveva affermato l’idea (oggi inattuale) della rinuncia al denaro come valore assoluto: da giovane era andato a Milano ed aveva rinunciato ad una brillante carriera di ricercatore per ritornare a Nusco, aveva successivamente rinunciato all’idea tutta commerciale della gestione della farmacia paterna, aveva scelto infine di insegnare ai giovani diventando divulgatore di scienza di altissima qualità. Antesignano di idee scientifiche e culturali. Un vita semplice, coerente e piena di affetti e valori. Negli ultimi mesi mi è capitato di incontrarlo due volte e scambiare con lui qualche indimenticabile parola. Quest’estate sono salito a casa sua perché doveva farmi dono di un vecchio filmato in cui mio padre, in compagnia di Tonino Della Vecchia e Mario Chieffo, veniva intervistato collettivamente. E allora gli parlai di questa mia vecchia idea di costituire una associazione culturale finalizzata ai viaggi e all’arte, dal cinema alla fotografia, dal teatro all’editoria. Attento ed incuriosito, mi incoraggio a fare e mi promise la sua iscrizione. La seconda volta, invece, l’ho rivisto a metà settembre. Ero salito a Nusco per far conoscere ad un artista il nostro paese. In piazza incontrammo Tonino e colsi l’occasione per presentargli il maestro Felice Nittolo e della sua idea di una grande mostra avendo Nusco come spazio e scena, un allestimento collegato e trasmesso da Tokio a New York. Nel salutarci mi rispose ironicamente: - E’ una bella e grande idea, chissà se la vedremo realizzata. C’era amarezza nella sua risposta: ma come sempre rivelava “una tristezza privata e una speranza pubblica”. Nusco per Tonino non era un luogo geografico, ma soprattutto un luogo metafisico, un luogo dell’anima che dura prima e dopo l’esistenza. Ecco perché Tonino è ancora a Nusco e per sempre resterà a Nusco, nel suo spazio senza tempo. Chissà perché in questi giorni mi è ritornata in mente con insistenza una frase di Cesare Pavese: Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. Ma non è facile starci tranquillo…
Gianni Marino
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